giovedì 31 ottobre 2013

Genitori che avventura! Intervista a Sofia Mattessich (prima parte)


Pubblichiamo oggi, e per i successivi due giovedì, un'intervista a Sofia Mattessich, autrice del libro "Genitori che avventura! Principi pratici per educare i figli" edito da San Paolo
Nata a Milano il 9/3/1967 e laureata in Psicologia all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, Sofia si è specializzata in tematiche relative allo sviluppo di bambini e adolescenti. Mamma di Davide e Dario, si è occupata di psicologia scolastica, disabilità, formazione genitori, adolescenti, problemi familiari e di coppia. Collabora inoltre con Cortina Editore nella pubblicazione di testi di psicologia.

La prima parola del suo libro è “relazione”: perché dà così tanta importanza a questo fattore nell’educazione?

Ogni essere umano nasce “predisposto” all’interazione sociale, ossia a comunicare e legare con i suoi simili; il neonato di pochi mesi preferisce seguire con lo sguardo il viso umano piuttosto che qualsiasi altro oggetto e preferisce il suono della voce umana a qualunque altro suono. La relazione è dunque un bisogno primario e come tale permane tutta la vita.

Quando si educa, non si può prescindere dal fatto che l’educando è un essere relazionale e solo a partire dalla relazione gli sarà possibile crescere. Certo, è importante trasmettere principi astratti e stimolare la riflessione sui valori, ma questo può essere fatto solo all’interno di una relazione e tanto migliore sarà quest’ultima, tanto più le nostre comunicazioni risulteranno efficaci… Ricordando che i figli sono “frecce vive” che partono dal nostro arco, ma alla fine saranno loro a scegliere in quale direzione andare: noi possiamo solo fare proposte credibili ed è nella relazione con loro e con l’esempio che possiamo conquistarci credibilità.

Nel suo libro parla di "relazioni di attaccamento": che cosa sono?
La relazione di attaccamento è il legame che si forma tra il bambino e chi se ne prende cura – legame che il neonato è predisposto a costruire: il pianto, il sorriso, i vocalizzi sono tutti segnali con cui il piccolo comunica i suoi bisogni, compreso quello di vicinanza e di coccole. 
Lo psicologo Bowlby è stato il primo a occuparsi dei legami di attaccamento, facendone una descrizione che è ancora oggi considerata valida. Se il genitore è sensibile ai messaggi trasmessi dal piccolo e risponde in modo adeguato ai suoi bisogni e ai suoi stati emotivi, si sviluppa un legame di attaccamento cosiddetto “sicuro”, all’interno del quale il bambino costruisce un’immagine di sé come amabile e degno di attenzione e dell’altro come amorevole e degno di fiducia – un’ottima “base” dalla quale poi staccarsi per esplorare il mondo; se, invece, il genitore non è ricettivo e disponibile oppure lo è in modo incostante e incoerente, il legame è detto “insicuro”. 
Relazioni di attaccamento sicuro costruite nella prima infanzia (0-2 anni) favoriscono nel bambino lo sviluppo delle abilità cognitive e sociali e la capacità di gestire adeguatamente le emozioni e di far fronte alle avversità, mentre relazioni di attaccamento insicuro aumentano il rischio di disagio psicologico e sociale; sottolineo che si parla di relazioni che “favoriscono” uno sviluppo ottimale o che “aumentano il rischio” di disagi: non vi è una relazione di causa-effetto lineare e deterministica tra il tipo di attaccamento e l’equilibrio dell’individuo. Teniamo presente, inoltre, che se un bambino o un adulto hanno costruito nella prima infanzia legami precoci di attaccamento insicuro, relazioni successive importanti (come quelle con una brava maestra o anche con il medesimo genitore che è stato capace di cambiare oppure, più tardi, con un fidanzato) possono modificare e correggere le loro immagini interne di se stessi come non amabili e dell’altro come inaffidabile.
Attenzione che i genitori tendono a riprodurre inconsapevolmente con i figli il legame che avevano costruito a suo tempo con i propri genitori; il divenirne consapevoli può permettere di “aggiustare il tiro”.

(continua)

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